venerdì 13 agosto 2010

'Ecco le nostre opere', l'arte raccontata dai sei scultori

Il 'Simposio di Scultura' che ha movimentato per sei giorni il Bosco di Corundoli e il paese di Montecilfone, si avvia alla sua conclusione ma, prima di chiudere il sipario, i sei scultori protagonisti dell'evento, raccontano la loro esperienza e descrivono le loro opere.


Ettore Altieri, come procede il Simposio?
<  interessante e la si potrebbe utilizzare per altre iniziative culturali.
Per rispettare il tema dell’emigrazione ho scelto di rappresentare un pennino, emblema  dell’emigrante che scrive ai propri cari. Si tratta di una rievocazione storica del pennino e l’ho inserito a testa in su, dandogli una sua astrazione, con delle linee a volte razionali e a volte irrazionali, così come è l’emigrazione da un lato c’è la razionalità e quindi il dovere di partire, dall’altra c’è l’irrazionalità e quindi il desiderio di non voler andare via. Ho aggiunto degli elementi come la bussola che indica la direzione e la sfera che contiene il mondo>>.

Claudio Gaspari, cosa pensi dell’arte in estemporanea come nel caso di questo Simposio?
<< Questo è un bel Simposio sia per la tematica che per il gruppo che abbiamo formato. E’ interessante il fatto che si lavori all’esterno sia per noi che per la gente che ci viene a visitare, perché spesso non ci si rende conto di quanto lavoro ci sia dietro una scultura, è bello che tutti possano seguire come si passi dal blocco grezzo all’opera ultimata.
La mia opera rappresenta una luna legata a due valigie sovrapposte. L’idea nasce dal tema dell’emigrazione, la valigia è il luogo in cui si racchiude l’essenziale e la luna che è l’elemento simbolico rappresenta la notte, il momento in cui si sogna e il sogno dell’emigrante è quello di trovare un futuro migliore>>.

Ray Kruczyk, come è cambiato il tuo stile artistico da quando vivi in Italia?
Quando vivevo in Germania dipingevo e modellavo la cartapesta perché abitavo in un appartamento ed era impossibile pensare di poter scolpire. Invece da quando vivo in Abruzzo ho trovato un gruppo di artisti con cui confrontarmi, il materiale della pietra della Maiella a portato di mano e una casa con degli spazi adatti a scolpire. Qui a Montecilfone mi ha fatto piacere il fatto di trovare i blocchi di pietra tutti di dimensioni diverse e non dimensioni standard, e il mio blocco era quasi quadrato con una sporgenza a forma triangolare che mi ha ispirato la posizione delle mani come di un tetto.
La mia opera infatti rappresenta la madre terra che unisce le mani come a formare il tetto di una casa e, allo stesso tempo, in un gesto di protezione per le sue radici>>.

Stefano Faccini, come hai iniziato a scolpire e quando?
<La mia opera rappresenta una lumaca che esprime il concetto di casa come punto d’origine e allo stesso tempo quello del movimento e dello spostamento lontano dalla casa. La forma a spirale della chiocciola lascia intendere il desiderio di tornare al punto di partenza e quindi al paese natio e il legame con le proprie radici. Le antenne della lumaca sono due frecce che rappresentano la spinta verso l’alto in segno di costante vitalità nonostante la nostalgia per la casa>>.

Carlo Di Costanzo qual è il valore educativo dell’arte nei luoghi all’aperto?
<< Il valore principale di scolpire in estemporanea è quello che si da la possibilità alla gente di toccare con mano l’esperienza formativa della materia, l’arte diventa uno spettacolo e l’artista esce dall’individualità del rapporto tra sé e la materia. Capita di scambiare osservazioni con il pubblico e spesso si cambia la creazione in corso d’opera, c’è una partecipazione attiva da parte della gente, ieri un ragazzo è stato accanto a me per 4 ore, si è sporcato insieme a me! La scultura è molto invasiva, ci si sporca, saltano pezzi di pietra, ci si fa male, gli incidenti sono sempre in agguato, il Simposio è un cantiere a cielo aperto dove anche i visitatori entrano a far parte del gruppo. Qui a Montecilfone ho sentito un calore profondo nei nostri confronti senza pregiudizi. Dovrei mettere sulla mia opera la firma di tutti quelli che mi hanno aiutato, di chi si è preoccupato delle mia opera , di chi mi ha aiutato a spostarla, etc.
La mia opera vuole essere una forma di protesta piuttosto che un modo per festeggiare l’emigrante. Io non vorrei mai che la gente fosse costretta ad allontanarsi dalla propria terra per cercare fortuna. Vorrei che tutti fossero profeti in patria. C’è un cordone ombelicale che lega le persone alla terra in cui sono  nati, tagliare il cordone significa tagliare le radici e anche la chioma del proprio albero. Anche la politica dovrebbe fare qualcosa per impedire l’esodo, in questa era la mobilità ci è dai potenti. La mio opera è un glomerulo rappreso che identifica il mondo marcio rovinato dagli uomini. L’emigrante del futuro per me sarà un astronauta che andrà in cerca di risorse su altri pianeti dato che il nostro è già consumato, questo sarà per l’uomo un distacco del cordone ancora più forte>>.

Massimo Traino, cosa pensi del primo Simposio di scultura che si è tenuto a Montecilfone?
<< Penso che sia stata un’ottima iniziativa per riscoprire l’arte sotto il cielo e sulla terra molisana. Vorrei ringraziare in tal senso il Comune di Montecilfone, Ettore Altieri e tutto il gruppo per avermi fatto vivere queste giornate di passione artistica.
L’opera che ho realizzato è stata ispirata da un tubo che ho trovato sulla spiaggia dopo una mareggiata accanto a una scarpa, che mi ha fatto pensare alla tragedia degli emigranti in mare. Ho cercato di riportare la forma del tubo e di ricreare nella pietra lo stato di attesa che precede la partenza. Inserirò nella mia opera anche una piccola valigia di ferro all’interno della quale c’è una barchetta che per me è l’emblema della nuova emigrazione anche se oggi i dati di Amnesty International confermano che la maggior parte degli immigrati arrivano in Italia per altre vie>>. 

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